COMMENTO
Nel documento di Goldthorpe emerge un grave problema della nostra società,nella quale è del tutto assente una meritocrazia basata sull’istruzione. Purtroppo oggi non contano più i meriti raggiunti da noi ragazzi,conseguiti con tanto impegno,tanto studio,tanti sacrifici. Vorrei innanzitutto distinguere due problemi:il primo riguarda il fatto che attraverso le raccomandazioni molti riescono ad ottenere ottimi posti di lavoro,senza aver fatto molto nelle scuole superiori. Invece, ragazzi come noi che frequentano un liceo abbastanza difficile,che richiede sacrifici, magari poi non hanno nemmeno la possibilità di iscriversi all’università,perché le tasse che bisogna pagare per iscriversi sono molto alte. E questo è il secondo problema. Ultimamente sono rimasto sconcertato,perché ascoltando degli amici che frequentano scuole superiori differenti, domandando come andasse lo studio, tutti mi hanno risposto:”no,niente,che me ne importa,ho tutti sette e otto e non faccio mai niente a casa,non apro mai i libri”. Il problema è che poi persone del genere magari,per mezzo delle raccomandazioni,riescono ad ottenere ottimi posti di lavoro,senza aver fatto alcun sacrificio. E invece ragazzi bravi,che studiano e si diplomano in licei difficili non possono continuare a studiare perché la famiglia ha difficoltà economiche. Queste ultime due sono fatti che si verificano sempre più spesso. Il problema delle raccomandazioni ha come fondamento la mancanza di senso civico tra i cittadini: molti ragazzi scelgono la via più comoda per ottenere un lavoro,non pensando e non rispettando i sacrifici degli altri. Per quanto riguarda invece il secondo problema bisogna pensare a cause storiche,sociali ed economiche che hanno portato il nostro paese ad essere divino in famiglie più ricche e famiglie più povere. La conseguenza di questo è che molti ragazzi non hanno la possibilità di realizzare a pieno il proprio potenziale scolastico.
La vittima di questo sistema è innanzitutto la nostra società, perché molte persone con grandi capacità e una ottima preparazione culturale si trovano ad occupare posti di lavoro che non sfruttano tutte le loro potenzialità. L’aiuto che questi potrebbero dare per il miglioramento della società va quindi perduto. Un’altra vittima è inoltre l’insieme di quei ragazzi che studiano e fanno sacrifici,perché è davvero demoralizzante pensare che alunni che sono meno bravi di te e non si danno per niente da fare per migliorarsi culturalmente andranno a ricoprire,attraverso raccomandazioni, posti di lavoro che invece dovevano essere destinati a persone più competenti.
Trovare soluzioni a tutto questo non è facile;sono d’accordo con Goldthorpe quando scrive che “ le barriere che ostacolano la realizzazione di una MBI sono tali da poter essere superate solo da un intervento politico molto radicale”. Solamente un forte intervento politico può risolvere questo gravissimo problema, ci vorrebbe inoltre una radicale trasformazione del sistema scolastico attraverso una riforma che permetta a tutti di realizzare il proprio potenziale. Ne trarrebbe beneficio,oltre all’individuo,anche lo stato e quindi tutti i cittadini.
In conclusione,oggi i titoli di studio,in molti casi, non rispecchiano le reali capacità dei ragazzi e non esiste quasi alcuna forma di merito individuale,perché il fattore decisivo, nell’assegnazione di posti di lavori,è l’origine sociale. Ciò che bisogna raggiungere è una società nella quale tutti abbiano gli stessi diritti,senza distinzioni economiche,ogni individuo deve avere le possibilità che hanno tutti gli altri;una società che sappia riconoscere i meriti di tutti,che dia ad ognuno quello che si merita, quello che gli spetta per ciò che è stato fatto nelle scuole. Insomma,bisogna far valere l’idea di uguaglianza.
Maria Oliva
classe: IV G
2009-01-02
Spesso nel nostro paese gli incarichi e molti posti di lavoro vengono attribuiti per nepotismo o clientelismo, per cooptazione e conoscenze personali, tutti meccanismi che risultano essere molto diversi dal merito. Così il termine meritocrazia diviene qualcosa di positivo, ciò contrario a quanto sostenuto da Michael Young nel suo capolavoro di fantascienza sociale.
È giusto, a mio parere, premiare le capacità e l’impegno di ciascun individuo, non solo quindi il talento ma anche lo sforzo quotidiano. Questo successivamente si traduce in utile per la società, per tutta la collettività, per l’economia del paese e per il maggior andamento e rendimento delle sue istituzioni. L’interesse comune è quello di diffondere l’idea che il merito deve esser premiato in modo tale che il singolo individuo acquisisca le competenze necessarie invece di perder tempo nella ricerca di raccomandazioni e aiuti sicuri. I compiti e gli uffici di maggior responsabilità devono così esser destinati a coloro i quali hanno competenze e abilità maggiori. I talenti diventano piante e l’impegno si configura come il concime che servirà a farli fruttare e produrre.
Con il tempo nel nostro paese si dovrebbe osservare che i posti migliori siano attribuiti a coloro i quali abbiano risultati educativi maggiori e che il rapporto posizione sociale dei genitori e quella dei figli dovrebbe diminuire: il merito quindi non deve essere correlato con la classe sociale d’origine. La società dovrebbe divenire un grande ascensore al fine di favorire e assecondare un costante processo di mobilità sociale. La scuola, ma soprattutto lo stato devono impegnarsi per poter garantire uguali opportunità a tutte le classi sociali e solo il rendimento e l’impegno continuo devono costituire la differenza tra gli individui.
In questo modo la società deve essere stratificata non per nascita ma per merito e per quanto l’idea di meritocrazia basata sull’istruzione (MBI) possa esser piuttosto utopistica, asservisce sicuramente alla realizzazione di giustizia in ambito lavorativo, non più favori, raccomandazioni, imbrogli, ma solo merito e qualità.
Marco Baiocco
classe: IV G
2009-01-02
Commento- Marco Baiocco
L’ottimo saggio scritto da John Goldthorpe e da Michelle Jackson tende a sostenere la tesi espressa da Michael Young nel suo libro di fantascienza: “ The Rise of Meritocracy”. Parlando dal 2033 il narratore procede a ritroso nel tempo, raccontando come in Inghilterra fosse stata creata una meritocrazia formata da “quoziente d’intelligenza più impegno”; l’obbiettivo era quello di creare uno stretto rapporto tra risultati scolastici e posizioni sociali: chi andava meglio a scuola avrebbe poi occupato i posti più prestigiosi. Nonostante si tratti di un libro fantascientifico, si fonda su importanti basi contemporanee all’autore: la critica era difatti rivolta all’Education Act del 1994. Questa legge, che stabiliva che ci fosse un’istruzione secondaria per tutti al fine di dare a tutti le stesse opportunità scolastiche, veniva sempre più strumentalizzata per creare una specie di selezione sociale tra i bambini. Questo aspetto è profondamente sbagliato sia da un punto di vista morale che da un punto di vista logico: perché necessariamente una persona che non eccelle a scuola deve esse meno intelligente di una che va benissimo? Ci sono altre capacità necessarie per i posti più prestigiosi quali intuito, carisma, buon senso, coraggio nel prendere una decisione e via dicendo che non si imparano a scuola. Inoltre affermare che il criterio di selezione sociale deve essere la capacità scolastiche porta inevitabilmente a riflettere su tantissime variabili che cambiano questo criterio: quali scuole hai frequentato? Erano faticose e difficili o agevoli? I tuoi professori erano generosi con i voti o no? Tutto questo porta ad una domanda fondamentale: con quale criterio un titolo di studio preso in una determinata scuola vale quanto quello preso in un’altra? Per citare un esempio le scuole private sono soggette ad un forte conflitto di interesse perché vengono pagate dagli studenti che le frequentano e che pagando pretendono delle agevolazioni ai quali i rettori cercano di non opporsi per non perdere soldi. Ovviamente non tutte le scuole private sono cosi.
Per questo prima di arrivare ad una società meritocratica bisogna avere una base d’istruzione uguale su tutta la nazione. Fatto questo si può considerare i titoli di studio come prova di merito, ma non prima. Questo purtroppo non è possibile se non c è un uguaglianza iniziale poiché chi proviene da una classe sociale alta ha molte più possibilità di studiare di uno studente povero. Basti pensare al prestigio che hanno certe università, caratterizzate da una preparazione eccellente, ma anche da rette salatissime; per questo uno studente povero non può permettersi queste università. Bisognerebbe quindi che le università fossero sovvenzionate interamente dallo stato per dare a tutti pari opportunità. Per arrivare ad una meritocrazia logica e giusta c’è bisogno di un intervento politico radicale all’interno della società: come dimostrano i grafici mostrati da GoldThorpe c’è una relazione tra classe di origine, risultati scolastici e classe di destinazione. La classe di destinazione, che dovrebbe essere influenzata solo dai risultati scolastici, è invece soggetta più che altro alla classe di origine, per cui una persona che proviene da una classe bassa ha meno possibilità di innalzare il suo status sociale di quante ne abbia una persona agiata. Per concludere ritengo che la meritocrazia non debba essere fondata sul profitto scolastico ma anche su altre doti e, soprattutto, potrà essere applicabile solo quando ci saranno veramente pari opportunità per tutti.
Mattia Cicchinelli
classe: IV G
2009-01-05
Dopo aver letto gli articoli di riferimento dati,ho preso le seguenti posizioni. Io sono d’accordo nel proporre una politica meritocratica che si basi sull’istruzione nelle società moderne,ma sono anche dell’idea che questa rimanga un’idea utopica. Infatti è difficile fare dei passi avanti in società come quelle moderne in cui la parola merito è ininfluente. Del resto sono moltissimi i posti di lavoro occupati da persone incapaci,non meritevoli,oppure che hanno il posto già garantito da parenti…Mentre sono moltissimi anche i ragazzi che hanno fatto moltissimi anni di sacrificio per ottenere un importante titolo di studio,ma che alla fine non li ha portati a dare una reale dimensione alla propria vita. Quindi anch’io ritengo che si dia troppa importanza alle condizioni sociali di ciascuno e non si guardi all’operato. Anche se penso anche che il problema possa essere anche alla base di tutto e cioè nelle scuole. Sono molte le scuole(da come vedo in Italia)mal funzionanti e che non forniscono un servizio efficiente ai ragazzi. Infatti in una società come la nostra c’è la possibilità che un ragazzo di una scuola di media difficoltà si diplomi con lo stesso voto di un ragazzo che si è diplomato in una scuola di alta difficoltà,e che magari un giorno abbia un posto di lavoro migliore rispetto all’altro,perché alla fine ciò che conta è solo quel minuscolo numero che ti rappresenta, e non gli anni di sacrificio alle spalle. Quindi ritengo che la prima cosa che si dovrebbe fare è di portare uno stato di uguaglianza tra le scuole,perche una volta che “tu” ragazzo hai deciso di andare a scuola è compito tuo impegnarti e studiare per arrivare un giorno ad inserirti con successo nel mondo degli adulti e del lavoro ed avere un futuro .Perciò concludo dicendo che non si faranno dei decisivi passi in avanti nella società,finché non si arriverà a capire che il futuro è dei giovani che veramente se lo meritano.
Leonardo Piloni
classe: IV G
2009-01-08
MERITOCRAZIA
Come viene spiegato nell’articolo la meritocrazia porta alla creazione di un rapporto strettissimo tra risultati scolastici e le posizioni sociali che successivamente toccheranno agli individui,così si creerebbero delle stratificazioni ,dove l’elite della società è formata dai più bravi affinché si sfuttino determinate capacità per il bene dello stato. Tuttavia questa idea di stato è puramente ideale giacché nasce in un libro e poi perché ci sono delle cose nella società attuale che non lo permetterebbero. Tralasciando questo per il momento è bene chiedersi se in una società come la nostra sia possibile attuare uno modello meritocratico e mi rendo immediatamente conto che non è possibile poiché non c’è uniformità di giudizio e preparazione all’interno di strutture scolastiche aventi lo stesso indirizzo. In poche parole ci sono scuole e scuole,quelle come si suol dire in cui “ci si suda la pagnotta” altre più permissive dove anche all’interno di una stessa classe escono TRANQUILLAMENTE con il 90. Tutto questo non è immaginazione! Ma allora dove vogliamo introdurre la meritocrazia se non c’è uguaglianza tra le scuole:tutto ciò è un controsenso. Per non parlare poi di datori di lavoro,primari e via dicendo che non assumono in base al curriculum e livello di preparazione bensì per fare dei favori o per ammettere loro parenti. In una società così logora e così profondamente spaccata la meritocrazia,fino adesso,sarebbe un utopia se prima non si attua un profondo cambiamento che risollevi le sorti del nostro paese
Maura Ranalli
classe: IV G
2009-01-08
Il termine meritocrazia si ormai inflazionato per contesti che poco hanno
a che vedere con il giusto significato della parola; infatti a volte lo si intende per rafforzare un giusto ragionamento o per giustificare una determinata scelta. Ma mi rendo conto
che c’è poca rilevanza tra meritocrazia e successo, inteso come realizzazione di un proprio progetto, nella vita.
Anche il testo che ho letto mette in risalto proprio questo dato, anzi addirittura
secondo Young c'e' una connotazione negativa in quanto sancisce nuove differenze sociali basate al merito scolastico.
Alla fine degli anni 60 in America si diffonde un concetto che contrasta la teoria
di Young, sostenendo che il merito scolastico non solo giustifica la differenza
sociale ma si incentiva economicamente affinché si metta a disposizione della
società la propria capacità e lo sviluppo delle proprie conoscenze.
Più tardi arriva anche in Europa la connotazione positiva della meritocrazia e sono soprattutto i partiti di centro sinistra a fare propria questa idea. Per la tale realizzazione si ha bisogno di processi di mutamento come ad esempio saper dimostrare che la provenienza sociale influisce sui percorsi occupazionali più dei risultati scolastici e si richiede un intervento politico capace di eliminare le barriere sociali. Altrimenti si devono accettare le differenze di classe come conseguenza del libero mercato.
Indagini di mercato hanno dimostrato che c'e' una relazione tra classe di origine,
livello di istruzione e classe di destinazione. Infatti i bambini di origine privilegiata che hanno risultati scolastici modesti , vengono aiutati con altre risorse disponibili affinché mantengano la loro posizione, a differenza di coloro che sono più svantaggiati il risultato scolastico è decisivo per il loro sbocco professionale. Tutto questo mi fa capire quanto sia utopico che al termine meritocrazia corrisponda una giusta idea in quanto e' tutto opinionabile poiché questa nasce dall'arbitrio del libero mercato.
Io un giorno mi laureerò e nel mio curriculum segnalerò i titoli di studio ma già so che a poco serviranno; l'unico modo forse che ho di affermare il mio posto in questa società e' quella di dimostrare le mia abilità e le mie capacità sul campo buttando giù quei muri che oggi sembrano invalicabili e come diceva Lincoln "...... se io posso cambiare e voi potete cambiare, tutto il mondo può cambiare....."
Francesca Cenciarelli
classe: IV G
2009-01-09
In questi due documenti si tratta della questione della meritocrazia.
L’idea di “meritocrazia” nasce dal libro di fantascienza sociale di Michael Young, “The Rise of Meritocracy”. Per la meritocrazia si instaura uno stretto rapporto tra il successo scolastico e le posizioni sociali assunte dagli studenti. In un sistema meritocratico ciò che è rilevante per avere un buon lavoro in futuro è il successo a scuola e non la classe sociale in cui si è nati. Young nel suo libro usa questo termine con un’accezione negativa, infatti il suo libro è ambientato in un futuro nel quale la società meritocratica ha portato alla ribellione da parte delle classi inferiori nei confronti proprio di questo sistema. Young ritiene che una società meritocratica ha il problema di influire psicologicamente sugli individui portando dei problemi, infatti chi non dovesse riuscire ad ottenere meriti a scuola, e quindi nel lavoro, si sentirebbe inferiore agli altri.
Invece per alcuni intellettuali, chiamati “liberal della guerra fredda”, la meritocrazia ha un aspetto positivo: infatti è proprio questo sistema che fa da incentivo per migliorare e sviluppare al massimo le proprie capacità e riesce anche a far sentire “meritato” il proprio guadagno.
Una società meritocratica deve essere supportata in primo piano dal governo che deve dare l’opportunità ad ogni ragazzo di poter studiare e di far esercitare le proprie capacità senza distinzione della classe di appartenenza. Proprio la scuola è alla base di una società meritocratica, infatti è qui che si sviluppa il merito.
Per arrivare ad una società meritocratica bisogna eliminare ogni privilegio legato alla classe sociale, bisogna tenere separati l’origine sociale, i risultati scolastici e la posizione occupazionale. Questo però è molto difficile da ottenere e avrebbe bisogno di un intervento radicale del governo.
Dalla ricerca riportata nell’articolo si nota che la maggior parte degli individui con un titolo di studio universitario ha un’alta probabilità di accedere a classi sociali elevate, anche se non ne era originario. La situazione è diversa per coloro che hanno un titolo di studio basso, in questo caso non si presenta una discesa di classe, chi è originario di una classe elevata ci rimane.
Un aspetto che ritengo positivo di una società meritocratica è che ognuno, senza distinzione di stato sociale, ha la possibilità di studiare e accrescere il proprio sapere. Se per meritocrazia intendiamo ciò che riporta l’enciclopedia, cioè che è una “forma di governo dove le cariche amministrative, le cariche pubbliche, e qualsiasi ruolo che richieda responsabilità nei confronti degli altri, è affidata secondo criteri di merito, e non di appartenenza lobbystica familiare o di casta economica” sono favorevole a questa teoria. Penso sia giusto che sia riconosciuto il merito di un individuo e che, in un ipotetico colloquio, non si scelga in base al ceto sociale di appartenenza. Oltre al merito bisognerebbe premiare ciò che, secondo me, è alla base del merito, cioè l’impegno in ciò che si fa.
Paolo Cirillo
classe: IV G
2009-01-09
Sinceramente per una volta devo dirmi soddisfatto di aver letto un articolo straniero riguardante la meritocrazia, tema assai caro a noi Italiani. Dall’articolo traspare infatti che anche i paesi anglosassoni sono alle prese con una difficile istituzione di una vera meritocrazia basata sull’impegno e i risultati scolastici. Un sistema analogo a quello che il inglese che si sta cercando di far affermare è stato promosto anche dall’attuale governo, ponendo la meritocrazia fra i primi obiettivi proprio dal ministro dell’istruzione Gelmini. Tuttavia che il progetto di meritocrazia in Italia sia ben lungi dal poter esser realizzato. Entrambi i governi,italiano e inglese, non hanno intenzione di attuare riforme in modo incisivo. In Italia specialmente non vengono garantiti i mezzi necessari agli studenti provenienti dalle classi disagiate per continuare il loro percorso di studi. Purtroppo però questo è forse il minore dei mali. Il problema più grave consiste infatti nella mancanza di controllo nello svolgimento dei concorsi pubblici, proprio quando le capacità di ognuno dovrebbero venire alla luce. Se dunque mancasse un adeguato controllo, quanto potrebbe servire un eccellente preparazione se qualcuno potrebbe usufruire di agevolazioni dovute ad amicizie o conoscenze?
Se dunque si desidera veramente creare una meritocrazia basata sull’istruzione in Italia, capace di risolvere seriamente i problemi del nostro paese, è necessario che le autorità competenti non si limitino ad esigere il riconoscimento dei meriti individuali, ma che prima di tutto educhino la società civile all’ideale di meritocrazia, in questo modo l’attuarsi di una essa , voluta proprio questa volta dalla società e dal sistema del lavoro, avverrà spontaneamente, senza alcuna inferenza esterna.
Simone Scarcelli
classe: IV G
2009-01-09
è molto interessante la visione che presenta Michael Young riguardo gli aspetti negativi della meritocrazia; sostiene a buon ragione che coloro che dalla società meritocratica verranno riconosciuti come appartenenti a una classe bassa, e quindi avranno un basso impiego, riceveranno un umiliazione morale indescrivibile essendo consapevoli di nn essere in grado di fare nulla di piu che un lavoro umile e di avere scarsissime capacita' intellettive. Penso che essere riconosciuto dalla società come uno che non si merita nnt di veramente gratificante nel lavoro sia un peso che nn si possa sopportare. Tuttavia è difficile prendere una posizione xk senza una meritocrazia, anche se nn esasperata e estremizzata, ognuno si potrebbe trovare ad avere un impiego che nn si merita e magari un altro, che ha meno capacita e conoscenza si trova a comandare su di te, ad essere il tuo superiore; questo è l'estremo opposto ed anche questo è profondamente ingiusto. Tuttavia per la mia esperienza posso affermare che applicando il modello della MBI si verrebbe a creare all'interno di ogni scuola un grande spirito di competizione, che in alcuni casi puo servire da stimolo x migliorare se stessi, ma in altri crea inevitabilmente un clima di invidie e di gelosie, o ancora potrebbe portare alla perdita di autostima e quindi alla depressione rovinando anche le proprie capacità. Inoltre dopo aver letto questo brano posso anche riagganciarmi al brano di Arturo Parisi in quanto ora capisco meglio che cio che porta un alunno a denunciare il compagno che copia in una societa MBI nn è proprio l'onore ma è il pericolo che il secondo trovi un impiego migliore del suo nn meritandoselo; qui in Italia nn è considerato grave copiare anche perche nn si ha la certezza che i risultati scolastici nel futuro rispecchino la propria condizione...
ritengo in conclusione che la meritocrazia presenta dei pro e dei contro, e inoltre che la società odierna oppone a questo modello numerose barriere culturali, che possono solo essere scavalcate da un azione radicale...inoltre sono d'accordo con l'autore sul fatto che una sociea MBI sia tendente all'utopia anche per le prove empiriche che egli allega..la societa nn è predisposta a qst modello e nn so se in futuro lo sara'....
Martina Petrucci
classe: IV G
2009-01-09
Mi schiero a favore della tesi sostenuta da Bell, secondo il quale la meritocrazia basata sull’istruzione è fondamentale nella società moderna, perché si tratta di una società molto complessa che si fonda sul lavoro di dirigenti necessariamente preparati. Soprattutto in una comunità democratica come la nostra,non privilegiata, la meritocrazia dovrebbe essere il criterio in base al quale la società si stratifica, e deve essere difeso come fosse un diritto. Ma ancora prima della meritocrazia bisogna secondo me porre l’attenzione sull’uguaglianza di opportunità che vengono fornite all’individuo e bisogna impegnarsi affinché le istituzioni vengano riformate in senso più democratico possibile. Se non si agisce in questi termini la meritocrazia può avere degli effetti indesiderati ovvero creare un strato sociale con elementi di trasmissione ereditaria nel caso in cui le opportunità di acquisire capacità e quindi meriti è limitata ad una circoscritta elite di persone. Solo infatti da un’uguaglianza di base di fronte alla legge si può intraprendere un “percorso meritocratico”. Certo non posso negare le conseguenze psicologiche negative che potrebbero scaturire da un ordine meritocratico. La scuola infatti continuamente ci sottopone al giudizio, al merito elementi , che talvolta innescano meccanismi psichici all’interno dei ragazzi più deboli, distruttivi. Mi riferisco a casi di suicidio, droga, malattie alimentari , che ricadono poi sulla società stessa. Non mi venissero a dire che il voto è meno importante del nostro reale bagaglio culturale perché noi ragazzi percepiamo giustamente il contrario. Qualcuno potrebbe dire che per nascita ognuno ha doti diverse da migliorare e sviluppare ,ma rimarrano sempre coloro che sono già perdenti in partenza, perché non offrire a queste persone la possibilità che non gli è stata concessa alla nascita? La nostra società è troppo complessa per pensare che chiunque possa dirigere comandare e detenere le cariche più alte, i datori di lavoro devono dunque basarsi sui reali meriti, su risultati scolastici e creare un giusto criterio di selezione. Una mentalità meritocratica inoltre ha la capacità di favorire la competizione, inducendo l’uomo ad utilizzare al meglio le proprie capacità per superare l’altro e risultando benefica per la società stessa. Confido in un maggior intento meritocratico da parte dei nostri rappresentanti politici, atto a favorire una più articolata mobilità sociale,anche se è una prospettiva alquanto utopica perché le baronie, che coinvolgono quasi tutto il mondo del lavoro, sono modelli molto difficili da sradicare. Io personalmente da ragazza con possibilità nella media ho veramente paura della società che mi aspetta,troppo competitiva,ho dunque deciso di impegnarmi e sviluppare le mie capacità come meglio riesco al fine di crearmi una prospettiva di vita migliore, non nascondo di avere molta paura per la società già troppo competitiva e che per di più limiti il raggiungimento dei miei obbiettivi perché minata da un mancante senso di meritocrazia.
Sara Micheletti
classe: IV G
2009-01-09
Penso che una società basata sulla meritocrazia sia migliore. Nonostante per M. Young abbia una un’accezione negativa, credo che un sistema meritocratico sia un buon sistema sociale, più giusto e più produttivo di altri sistemi, che garantisce la fine di discriminazioni di origine sociale, di razza, sesso o religione. Però, perché un sistema fondato sulla meritocrazia sia valido, credo che dovrebbero esserci le stesse opportunità per tutti, a partire dall’istruzione, che deve essere delle migliori anche per chi economicamente non può permettersi scuole private o di alto livello. E proprio da un’istruzione uguale per tutti si riconosceranno “the best and the brightest” (i migliori e i più intelligenti, come dice il presidente USA Obama) a cui andranno affidate cariche importanti, indipendentemente dalla loro provenienza, dalla loro etnia o dal partito politico.
A mio parere in Italia oggi non esiste questa politica del merito, come afferma anche Roger Abravanel: "Il merito? Ah, ma in Italia non esiste!" Lo sappiamo tutti, il nostro è il paese delle raccomandazioni, delle clientele, delle famiglie, delle caste, delle corporazioni, delle oligarchie, delle mafie. Un solo dato: l'Italia è la società più ineguale dell'Occidente. Ha grandissime disuguaglianze tra ricchi e poveri (come gli USA) e al tempo stesso è uno dei paesi con la minore mobilità sociale: i poveri da noi restano poveri per sempre e in maniera ineluttabile. Questo sistema sta provocando danni gravissimi al paese, che perde ogni giorno posizioni in uno scenario globalizzato sempre più competitivo: da almeno 15 anni in Italia la ricchezza aumenta meno che negli altri paesi sviluppati. Ma come possiamo rimettere in moto una società così statica? Come sfidare una casta politica ancora legata agli schemi di un'economia industriale, quando siamo ormai diventati da tempo un'economia di servizi? La soluzione ci arriva da realtà più dinamiche ed efficienti della nostra, a partire da USA e Inghilterra.”.
La realizzazione di un sistema meritocratico è sicuramente difficile, se non utopica, e se anche ci si riuscisse non accadrebbe nel giro di pochi anni; spero però che se non si arrivi alla meritocrazia, si giunga almeno ad avere le stesse opportunità per riuscire bene nel lavoro.
P.S.: lo so, la citazione è troppo lunga e pesante, ma l’ho dovuta riportare interamente perché non riuscivo a mettere il link del sito dove l’ho trovata.
Antonello Cardoni
classe: IV G
2009-01-09
Commento a “La meritocrazia dell’istruzione e i suoi ostacoli” di Goldthorpe
Sono e sarò sempre convinto che il sistema della meritocrazia sia esatto, perché porta ognuno di noi ad occupare quel posto di lavoro più adatto alle nostre capacità. Non sono quindi d’accordo con Michael Young, che ritiene la meritocrazia un sistema che rende felici coloro che hanno guadagnato un posto di lavoro importante, mentre moralmente e psicologicamente deboli coloro che non ce l’hanno fatta, che pensano di essere ritenuti da tutti degli sfortunati. Credo invece che si possa essere molto più afflitti psicologicamente se si viene incaricati di un compito troppo difficile da non poter essere da noi svolto: in questo caso ci si sentirebbe veramente sconfitti e in continuo timore di essere derisi dagli altri colleghi. Penso perciò che sia decisamente meglio considerare la meritocrazia un sistema efficace ed accontentarsi del lavoro che meritiamo e che riusciamo a svolgere, e che ognuno debba essere felice del giovamento che offre alla società, senza troppo essere invidiosi di coloro che occupano lavori più importanti.
Tuttavia, oltre a ritenere la meritocrazia giusta, penso anche che sia un’utopia, irrealizzabile nella nostra società moderna.
Innanzitutto la meritocrazia presuppone una uguaglianza di opportunità di studio, ovvero è necessario che ognuno possa avere la stessa istruzione che hanno gli altri. Questo mi sembra difficilissimo, dato che l’istruzione delle scuole superiori non è unica, bensì divisa fra istituti tecnici, professionali e licei. Di conseguenza, in ogni diverso tipo di scuola si affrontano materie diverse e si acquisiscono abilità differenti, e quindi già dalle superiori si gettano le basi del futuro lavoro che si andrà a svolgere, aumentando la disuguaglianza fra gli studenti.
In secondo luogo la meritocrazia non è attuabile poiché i datori di lavoro, al momento della scelta di un dipendente, non prestano attenzione al titolo di studio raggiunto da questi: credo che questa non curanza del titolo di studio sia dovuta al fatto che i datori di lavoro non ritengono gli studi nelle scuole qualcosa di vantaggioso per lo svolgimento dell’attività lavorativa, ma preferiscono basarsi su altro. In sostanza, credo che nelle scuole si studino molte materie che poi non servono nel mondo del lavoro, ed è per questo che ho sempre pensato che si dovrebbe dare molta più importanza ai corsi tecnici e professionali (gli unici a dare una vera formazione professionale),che sono spesso trascurati.
Infine, Goldthorpe tratta anche del rapporto fra origine di classe, ovvero lo stato della famiglia in cui si nasce, e destinazione di classe, ovvero il lavoro che si andrà ad occupare. Lui ritiene che, basandosi su dati concreti, a parità di rendimento scolastico basso, i figli che hanno avuto delle famiglie che facevano un certo lavoro hanno più possibilità di continuare in quello stesso campo di quante ne ha un figlio di una famiglia di classe operaia. Lui spiega questo sostenendo che, in un eventuale colloquio di lavoro, i figli della classe operaia hanno meno stile di quanto ne possono avere i figli di una classe di servizio, che per questo vengono preferiti. Non sono d’accordo su questo. Non ritengo infatti che al giorno d’oggi ci sia ancora una così forte differenzazione di classi, e che quindi ci sia una forte differenza tra figli di classi diverse a livello di “aspetto”. Penso invece che i risultati da lui ottenuti si debbano al fatto che quando un figlio fa lo stesso lavoro della sua famiglia, questa sa meglio consigliare quali potrebbero essere le vie per ottenere quel lavoro, rispetto a una famiglia che non è invece esperta in materia. Quindi, anche questo atteggiamento “naturale” di una famiglia nel voler inserire il proprio figlio, è un ulteriore tesi a favore dell’idea di una meritocrazia ancora utopica.
Cardoni Antonello